Alla c.a. di: Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana
Stefania Saccardi, assessore alla salute Regione Toscana
Da: Coordinamento Dipoi
Siamo costretti a dover parlare ancora dei diritti delle persone con disabilità e dei bisogni di sostegno delle loro famiglie.
Per la Convenzione Onu, oggi legge dello Stato italiano, ogni persona con disabilità ha diritto a pari opportunità sulla base di uguaglianza con gli altri. In questo periodo di epidemia però le persone con disabilità, ancora una volta, hanno dovuto penare più di tutti gli altri per avere pari opportunità. Quando ad esempio tutti cominciavano ad uscire con precauzioni, hanno dovuto aspettare documenti che consentissero anche a loro di uscire a passeggiare, accompagnati.
Nelle strutture residenziali solo da pochi giorni hanno potuto ricominciare a vedere i familiari ma non ad andare alla loro casa. Per vedere riattivati i Centri diurni hanno dovuto aspettare molto più tempo di quanto ne è occorso per la riattivazione degli altri servizi e con “l’obbligo” (poi mitigato) di test sierologici ogni 15/30 giorni.
Gli stessi Centri Diurni avrebbero dovuto riavviare l’attività tra il 18 Maggio e il 1° Giugno, ma così non è stato.
I ritardi accumulatisi in tutta la Toscana nella riapertura dei tanti diurni e delle diverse attività di socializzazione per le persone con disabilità, sono stati per il Coordinamento-Dipoi onestamente una cosa inaccettabile. E lo sono stati in buona sostanza perché tali ritardi hanno costituito la consueta eccezione riservata a tutte le persone disabili rispetto alle altre.
Secondo quanto prevedeva la delibera della Giunta regionale della Toscana di fine aprile, infatti, i diurni avrebbero dovuto aprire nella seconda metà di maggio, ma la stragrande maggioranza ha riaperto i battenti con un mese di ritardo. E diversi addirittura entro la prima quindicina di luglio.
Tutto questo è avvenuto in primo luogo a discapito delle persone con disabilità e poi dei loro familiari, che in molti casi si sono gestiti la presa in carico H24 per quattro lunghissimi mesi. In totale solitudine.
Come motivazione di questi ritardi si è fatto riferimento alla necessità di gestire la sicurezza, ma siccome sono state coinvolte tante persone per esprimere un parere, ed ognuno ha dovuto “garantirsi”, i tempi sono slittati e le cose sono andate per le lunghe: i disabili e le loro famiglie possono aspettare….
Ma poi quando i Centri diurni riaprono, ancora altre limitazioni: attività solo all’interno del Centro, che così rischia di diventare anch’esso luogo di segregazione anziché luogo di vita.
In tutta questa vicenda è riemerso con ogni evidenza che le persone con disabilità continuano a essere impropriamente considerate persone «malate», e quindi gli si impongono ingiustificatamente condizioni che ne limitano la libertà, e la già ridotta capacità di autodeterminazione.
Già da prima dell’epidemia pensavamo che si dovesse procedere ad una revisione dell’attività dei Centri Diurni, ora è una certezza: dovremo pensare insieme a come rendere i Centri Diurni a totale servizio del progetto individuale di vita, elaborato ed attuato con il riferimento dei diritti delle persone con disabilità, coinvolgendo in co-progettazione anche la famiglia.
Per quanto ci riguarda, questa è l’ultima volta che subiremo un atteggiamento così ingiustificatamente vessatorio. Abbiamo sempre coerentemente rifiutato la logica della protesta eclatante e provocatoria, ma d’ora in poi se costretti non esiteremo a percorrere questa strada.
30 Agosto 2020 Per il Dipoi, la presidente, Patrizia Frilli